Perché il naufragio del Titan ci ha sconvolti

Vi sarà sicuramente capitato di sentir parlare del sottomarino Titan, scomparso il 18 Giugno nelle stesse acque che più di 100 anni fa inghiottirono il Titanic.

L’ampia copertura mediatica ha coinvolto non solo i media tradizionali, ma anche la sfera digitale. Le persone di tutto il mondo si sono unite su piattaforme di social media per discutere, condividere ipotesi. Gli hashtag dedicati all’evento hanno dominato le tendenze sui social media, trasformando questa storia in un fenomeno globale.

Persino le autorità governative e gli organismi internazionali si sono mobilitati, coordinando le operazioni di ricerca e soccorso, riflettendo l’importanza attribuita a questa vicenda a livello mondiale.

L’interesse generale, alimentato dagli interrogativi e dalle speculazioni, dimostra come un evento apparentemente isolato possa trasformarsi in una narrazione globale che coinvolge e affascina le persone in tutto il mondo.

Lo scopo di questo articolo non è trattare ulteriormente i tragici accadimenti dei quali il sottomarino è stato protagonista, ci concentreremo piuttosto sui fattori che hanno contribuito a rendere il naufragio del Titan un evento di massa.


Cos’altro accadeva nel frattempo:

Prima di parlare dei principali fattori che hanno contribuito a rendere la scomparsa del Titan virale, è a mio avviso importante notare almeno un altro evento che si è verificato nello stesso time-frame della sparizione del Titan: il naufragio di un barcone di migranti in acque greche.

Sulla carta, questo secondo evento avrebbe dovuto ricevere molta più copertura: 81 morti, più di 600 dispersi (sicuramente intrappolati nella stiva) e 104 salvati.

Sono cifre spaventose, che purtroppo rimarranno solo cifre, prive di volto, inequivocabile prova di una problematica che probabilmente non verrà mai affrontata nel modo corretto.

Sarebbe forse possibile liquidare l’argomento incolpando l’opinione pubblica, rea di superficialità e disinteressata al fenomeno migratorio, ma non è così, le ragioni per cui il naufragio del Titan ha avuto maggiore riscontro nel dibattito pubblico sono puramente umane.


Empatia:

Il primo fattore che ho identificato è l’empatia: una qualità preziosa che ci connette profondamente con gli altri.

È la capacità di mettersi nei panni degli altri, di comprendere le loro emozioni e di rispondere con compassione. Attraverso l’empatia, possiamo percepire il dolore, la gioia e le sfumature emotive degli altri, creando un legame empatico che ci avvicina e ci fa sentire parte di una comunità.

Essa nutre la nostra umanità, generando un ambiente di comprensione reciproca.

Tuttavia, va sottolineato che l’empatia può presentare dei limiti quando ci troviamo di fronte a persone con esperienze e punti di vista molto diversi dai nostri.

La nostra capacità di comprendere completamente il mondo emotivo degli altri potrebbe essere limitata dalla mancanza di esperienza diretta o dalla mancanza di conoscenza delle loro culture, sfide e prospettive.

In questi casi, l’empatia potrebbe essere offuscata o distorta, rendendo difficile cogliere appieno le complessità delle loro emozioni e della loro realtà.

Ironicamente, un occidentale medio è molto più simile ai migranti che alle quattro persone, molto ricche, che hanno perso la vita nel sottomarino, eppure proviamo maggiore empatia per questi ultimi.

Quanti di noi potrebbero permettersi anche solo il biglietto per scendere nelle profondità dell’oceano e visitare il relitto del Titanic? Non molti. Quanti di noi nel corso della propria vita raggiungeranno il livello di benessere dei passeggeri del Titan? Quasi nessuno. Eppure reputiamo più remota la possibilità di trovarci nei panni dei migranti.


Fascinazione:

Anche la fascinazione ha contribuito fortemente alla copertura mediatica eccessiva.

L’umanità è da sempre affascinata dalle profondità insondabili dell’oceano. Le profondità marine, oscure e misteriose, rappresentano un regno di meraviglia e di segreti nascosti.

Nonostante le difficoltà e le incognite che questo ambiente ostile presenta, l’uomo è spinto dall’intrinseca curiosità e dalla sete di conoscenza a esplorare le profondità oceaniche, cercando di svelare i loro misteri.

È l’attrazione per l’ignoto e l’incredibile ricchezza di biodiversità che stimolano l’interesse e la passione dell’uomo per le profondità dell’oceano.

Se pensiamo poi, che la missione del Titan era raggiungere il relitto del Titanic, altra incredibile fonte di fascinazione, l’impatto causato dell’evento risulta molto più comprensibile.

Al contrario, non c’è nulla di affascinante o poetico nella cruda morte di 700 persone in cerca di una vita migliore.


Semplicità:

Il terzo fattore determinante al quale ho pensato è la quasi assenza di barriere all’ingresso della conversazione in merito al Titan.

E’ materialmente impossibile che un argomento di conversazione diventi virale se la gran parte delle persone non hanno nozioni sufficienti per reggere un discorso nel merito.

In questo caso, gran parte della discussione è rimasta su binari facilmente percorribili da chiunque, senza la necessità di avere conoscenze specifiche, facendo si che ognuno sentisse di doversi esprimere.

Il fenomeno migratorio è invece molto complesso, ha cause remote e possibili soluzioni ancora più complesse, non è decisamente un argomento del quale si potrebbe discutere tranquillamente al bar.


Conclusioni:

In conclusione, abbiamo analizzato alcuni dei fattori, a mio avviso i più incisivi, che hanno reso il disastro del Titan globalmente virale, evidenziando inoltre ciò che ha impedito ad un evento apparentemente assimilabile di godere della stessa sorte.

Mi auguro che questo articolo abbia stimolato la tua curiosità, continua a seguire Jemib per ulteriori articoli.

Leonardo Cengia

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