“Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”. Così si esprimeva Platone riguardo al potere narrativo del gioco, capace di raccontare un individuo nella maniera più trasparente possibile, rendendo visibili i comportamenti e addirittura svelando alcune peculiarità della sua personalità. Di certo il gioco rappresenta un momento presente sia nella vita dei bambini che in quella degli adulti, ma che è sempre stato concettualmente separato da tutti gli altri ambiti quotidiani come l’istruzione e il lavoro.
E se il filosofo greco avesse ragione? Se davvero il gioco fosse uno strumento attendibile per conoscere le attitudini e le competenze delle persone? Nell’ultimo decennio si è presa in considerazione la possibilità di introdurre il mondo ludico, specialmente dei videogiochi, all’interno dell’ambito lavorativo, sebbene siano due ambiti della vita quotidiana rigorosamente separati. A suggerire il crossover tra gioco e lavoro sono due trend emersi dagli studi di Gallup e colleghi: l’aumento del disengagement lavorativo, per il quale il 47 % dei millennials si considera poco soddisfatto e disimpegnato sul posto di lavoro e l’esponenziale diffusione dei social, dei dispositivi tecnologici e dei videogiochi online.
La sfida sottoposta alle aziende, dunque, consiste nel rinnovare il proprio modo di fare business e la propria struttura, partendo dalle persone che la compongono, coinvolgendo inevitabilmente il settore HR. È dal campo delle risorse umane, infatti, che i cambiamenti tecnologici del tessuto sociale sono entrati in contatto con le realtà aziendali.
Dal 2010 si è verificata una progressiva espansione del recruiting gamification, un nuovo strumento utile per l’assessment delle competenze e della motivazione dei candidati. La gamification, in generale, consiste nell’applicare le meccaniche dei videogiochi a contesti non propriamente ludici.
Ma a cosa serve la gamification del processo di selezione? Fornisce più possibilità al recruiter che i metodi di selezione tradizionali non fanno?
La risposta è sì. Il gioco, infatti, aiuta ad abbattere le barriere di stress e ansia generate dai colloqui di lavoro, mettendo il candidato nelle condizioni di esprimere il suo potenziale massimo. Secondo il famoso studioso Wozniak, la gamification produce diversi vantaggi sia per l’azienda che per il candidato.
Attraverso l’uso di giochi interattivi, il candidato non è più parte passiva di un processo selettivo ma diventa l’artefice di un processo dinamico che può mettere in risalto le sue competenze e le sue abilità o i suoi limiti. La selezione gamified, inoltre, gode di un ottimo appeal verso i millennials (i nati tra il 1980 e il 2000), permettendo di attrarre potenziali talenti.
L’azienda, invece, può ottenere maggiori evidenze riguardo al lavoro per obiettivi e alla competitività del candidato. Le skill che sono messe in risalto sono soprattutto il problem solving, il decision making e la gestione delle emozioni e dei conflitti, quest’ultimi difficilmente esplorabili in un colloquio standard. L’utilizzo di piattaforme tecnologiche, inoltre, permette all’azienda di creare situazioni di gioco ad hoc per i profili ricercati e di ridurre i costi e i tempi della selezione, poiché una parte del processo selettivo può essere condotto in remoto.
Entrando nel merito di esempi aziendali, la catena di hotel Mariott ha funto da precursore nell’applicazione di contesti video ludici nel proprio processo di selezione. Da diversi anni infatti gli hotel Mariott propongono ai candidati una simulazione interattiva, simile al famoso browser game Farmville, nella quale i candidati rivestono il ruolo di manager dell’hotel o responsabili delle cucine che devono portare a termine obiettivi giornalieri che permetteranno di guadagnare punti e scoprire il reale funzionamento delle dinamiche aziendali.
Un’ulteriore realtà che ha proposto un’innovativa modalità di ricerca e selezione del personale è la nota MSC crociere che ha sviluppato il proprio gioco online personalizzato, chiamato “Inner Island”, al quale l’aspirante dipendente si collega tramite gli account social. Il gioco proposto dalla compagnia di navigazione è strutturato come un processo di recruitment completo. Inizialmente, vengono proposti dei quiz a risposta multipla attraverso i quali si delineano il grado di esperienza e competenza del candidato, il quale viene sottoposto in seguito a dei brevi giochi logico-matematici con lo scopo di testare le capacità di problem solving. Il processo, poi, si conclude con una fase di test in cui si chiede al candidato di proporre un miglioramento per l’area scelta.
È chiaro come l’ausilio di questi videogiochi non sia più frammentario o parziale, ma che essi siano veri e propri strumenti di screening, utili per entrambe le parti coinvolte nella selezione. Sebbene esistano ancora resistenze contro i metodi non tradizionali, i videogiochi sono destinati ad entrare nel mondo del lavoro in modo stabile per aiutare le aziende e i candidati di avere la persona giusta nel posto giusto.
FONTI:
Mohl L. “Serious Fun – How HR Can Up the Game”. Workforce solutions review, 2014.
Wozniak, J. The use of gamification at different levels of e-recruitment. Management Dynamics in the Knowledge Economy, 2015.
#JEMIBreview
Andrea Lombardi