Il nomadismo digitale ha cambiato le forme e connotati rispetto al modello previsto da Makimoto e Manners in “Digital Nomads” del 1997. Ciò che è cambiato per prima cosa è l’identità delle persone che oggi sfruttano un collegamento a internet e la possibilità di viaggiare in qualunque luogo del mondo per lavorare anche da remoto, ridefinendo così il concetto stesso di lavoro.
La cultura dell’essere nomadi oggi
I mutamenti della società hanno mano a mano messo in discussione il concetto di un abitare stabile, andando invece in favore di un nomadismo e di un abitare nomade. Le condizioni economiche infatti hanno portato con la sproporzione crescente tra salari e costo delle abitazioni e con la precarietà del mondo del lavoro, alla perdita dell’ “abitare come possesso” che ha da sempre caratterizzato le generazioni precedenti. Il nuovo nomade digitale, quindi, sfrutta le potenzialità di sviluppo del lavorare connessi, facendo uso di tecnologie di comunicazione che permettono di lavorare in qualsiasi luogo, in favore di una maggior soddisfazione dei propri bisogni.
Oggi questo cambiamento trova riscontro nella tendenza al co-housing, un abitare in condivisione con spazi collettivi di lavoro e non, che si afferma come modalità prevalente per i lavoratori nomadi.
Questo tipo di nomadismo si differenzia da quelli precedenti avuti nella storia, l’uomo non è nomade per il suo lavoro, ma al contrario il suo lavoro sempre connesso a Internet oggi gli permette di essere nomade e di spostarsi in qualsiasi luogo, spesso in paesi dove il costo della vita è più basso e per questo si ha un maggior livello di qualità della vita.
Il web, quindi, offre oggi la possibilità a moltissime persone di poter essere indipendenti e avere un’opportunità lavorativa mobile che gli permette di essere liberi e vivere e lavorare ovunque nel mondo ci sia una connessione a Internet.

Nomadismo digitale: prospettive per il futuro
Il nomadismo digitale di Makimoto e Manners di vent’anni fa si è evoluto così esponenzialmente da aver ridefinito i paradigmi del lavorare e i dati ci confermano oggi quanto sia destinato a essere il lavoro del futuro.
La famosa agenzia newyorkese J. Walter Thompson Intelligence ha riportato i nomadi digitali globali nell’elenco dei 100 trend del 2018 più forti per il futuro. Li ha definiti come una comunità di cittadini globali che inseguono il sogno di poter viaggiare e lavorare ovunque ci sia una connessione a Internet e che preferiscono sempre più la libertà professionale alle carriere tradizionali. E’ un fenomeno che si sta diffondendo e sta sviluppando nuove attività e idee di business con l’obbiettivo di facilitare il lavoro da remoto come il game changer WeWork che permette ai suoi membri di scegliere tra più di 200 uffici in 20 Paesi differenti. Un altro esempio sono i piccoli business legati alla formazione e all’ospitalità per questi lavoratori da remoto. La cultura del nomadismo digitale porta un cambiamento nell’idea di spazio e di territorio con lo sviluppo di spazi di co-living e co-working. Per questo molti imprenditori del nostro sud d’Italia stanno cogliendo questa nuova opportunità offerta dal nomadismo digitale per valorizzare la bellezza dei territori del nostro paese e farli diventare delle mete desiderate dalla comunità giromondo dei nomadi digitali.
E’ ciò che sta sviluppando per esempio la start-up Home 4 Creativity in Calabria che organizza un evento per scoprire aspetti interni del nomadismo o in Sicilia dove hanno organizzato la prima Workation professionale per attrarre nomadi digitali e attuare un rilancio economico di questi territori come future mete per i lavoratori da remoto.
Tecnologia, flessibilità e un orientamento al mobile knowledge work con alti livelli di autonomia e produttività, sono alcune delle caratteristiche fondamentali del lavoro del nomade digitale e che anche noi di JEMIB condividiamo ogni giorno nell’affrontare le sfide dei nostri progetti di lavoro.
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Beatrice Goldin