IL RECRUITER: L’ABC DI UNA FIGURA DISTORTA

Per interfacciarsi con il mondo del lavoro molto spesso ci si rivolge alle proprie conoscenze, ai centri di collocamento, alle agenzie private o direttamente alle imprese nelle quali si è desiderosi di lavorare, ma ci sarà sempre e solo una figura a cui far capo: il recruiter.
Che sia il titolare dell’impresa o un membro delle risorse umane, per agognare quel posto di lavoro che tanto desiderate dovrete fare i conti con questa figura misteriosa. Non importa quanti anni abbiate, l’immagine del recruiter sarà associata a quella di un professore che non vedrà l’ora di interrogarvi e mettervi in difficoltà al giorno del colloquio: non sempre è così.

La figura del selezionatore è ben più complessa di quella che ci si possa aspettare.
Può essere il dipendente di un’impresa o di un’agenzia, ma lo scopo rimane inalterato: ricercare il candidato che sia il più adatto rispetto ad altri per poter svolgere la mansione della figura ricercata. Questo mestiere comporta una qualità fondamentale che ogni buon selezionatore deve avere: l’ascolto attivo.

“Un buon ascoltatore aiuta ad ascoltare noi stessi”
Yahia Lababidi, scrittore

Questa importante soft skill sottolinea quanto sia fondamentale l’ascolto del candidato e l’attenzione alla comunicazione non verbale dello stesso, per far sì che ogni informazione utile per i propri fini venga recepita e registrata, per essere poi rielaborata in un secondo momento ed emettere un giudizio finale a chi ha commissionato la ricerca.
Oltre a questa caratteristica, anche l’avere una buona dose di esperienza aiuta il selezionatore a fare meglio il proprio lavoro, data dai numerosi (e variegati) colloqui che esercita nel corso della sua carriera. Un buon colloquio, però, non è basato solamente dalla presenza di un candidato attivo, ma anche da un intervistatore che sappia coinvolgere lo stesso attraverso una relazione interpersonale positiva e che sia in grado di trasmettere una buona immagine dell’impresa richiedente la candidatura, con informazioni inerenti alla mansione ricercata, all’organizzazione interna e, perché no, al salario proposto.

Per fare tutto questo, il selezionatore metterà in pratica diverse modalità di intervista.

Stili di conduzione di un’intervista

  • Amichevole: l’intervistatore e l’intervistato sono sullo stesso piano, entrambi possono dirigere la conduzione del colloquio a proprio piacimento all’interno di un clima, per l’appunto, amichevole. Di solito, questo stile di conduzione viene praticato in contesti con un’organizzazione aziendale minima o dai neofiti del settore.
  • Professionale: questo stile segue le diverse fasi del modello WASP utilizzato come linea guida che comprendono: l’accoglienza del candidato, il colloquio per poter recepire le informazioni volute, fornire informazioni all’intervistato e la chiusura del colloquio.
  • Stress interview: lo stile più sconsigliato di tutti, ma che si può riscontrare soprattutto in ambienti molto competitivi. É basato su una serie di domande poste in modo diretto e intrusivo per le quali ci si aspetta risposte precise. L’interazione è esclusivamente guidata dall’intervistatore che si è fissato una rigida strutturazione del colloquio. In questo caso è sempre meglio tener conto della situazione che si sta vivendo e uscire dall’ambiente dell’intervista consapevoli dell’esperienza vissuta. Stile di dubbia efficacia, non solo sotto l’aspetto relazionale che rischia di dare persino una cattiva immagine dell’azienda.

Tipologie di interviste

Per quanto riguarda le tipologie delle interviste, tutto dipende dal background del selezionatore: se non è uno specialista, verrà condotta un’intervista cosiddetta general-generica, incentrata sulla richiesta di informazioni biografiche o contenute nel CV.
Altri tipi di interviste sono quelle psicologiche, psicologiche-organizzative ad ampio spettro e psicodiagnostica, dove la prima è incentrata sulle caratteristiche individuali (aspetti motivazionali, relazionali e di intelligenza) e richiede il titolo di psicologo e una buona esperienza nella conduzione di interviste.
La seconda prende in considerazione ogni dimensione psicologica e relazionale rilevante del candidato, con tempi di conduzione molto lunghi (possono durare anche 2 ore) e anche in questo caso sarà necessario una competenza psicologica specialistica.
Infine l’intervista psicodiagnostica è un’intervista molto particolare, non presente nei colloqui usuali, incentrata sulla valutazione globale della personalità nei suoi tratti sani e psicopatologici effettuati da esperti in grado di formulare una diagnosi differenziale.
Se, invece, si vuole accertare il grado di conoscenza di un determinato ambito professionale, basterà che l’intervistatore sia idoneo e competente per attuare un’intervista tecnico-professionale.

Qualunque caso abbiate vissuto o vivrete, sappiate che dall’altra parte c’è un essere umano come voi in grado non solo di essere gentile e di fare bene il proprio lavoro, ma che ha anche dei difetti, può sbagliare o essere molto diverso da voi. Il segreto è credere in sé stessi durante qualsiasi intervista e non lasciare che la mera opinione di una persona estranea vi precludi qualsiasi opportunità che vorrete affrontare nella vostra vita.

“Il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare; il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi ed ascoltare”.
Sir Winston Churchill

#JEMIBreview

Deborah  Stella Orlandi

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