LA PRIVACY AI TEMPI DELLE BIG TECH

Giovedì 18 Marzo si è tenuto il webinar “Algoritmi e opinione pubblica: dentro la black box” organizzato per la Milano Digital Week dal dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università Statale di Milano in collaborazione con il DensityDesign Lab del Politecnico di Milano. Un’occasione per i ricercatori per illustrare i primi risultati del progetto “AlgoCount” e coinvolgere attivisti e partecipanti in una riflessione in materia.

Il tema del dibattito è stato il ruolo degli algoritmi sul processo di formazione dell’opinione pubblica.

Cosa pensa l’opinione pubblica attuale

Philip di Salvo, giornalista e ricercatore, si sta occupando del cambiamento della privacy in relazione all’implementazione dei Big Data nella vita quotidiana.

 Se fino a qualche anno fa, accettare le condizioni contrattuali era un processo basato sulla fiducia tra le parti contraenti, oggi accettiamo termini e condizioni in maniera più superficiale, a volte senza neanche sapere chi sia veramente la nostra controparte. Le criticità che emergono da questa tipologia di approccio, si rilevano sostanzialmente nei momenti di glicht, ovvero quando qualcosa non funziona.

Un esempio è stato lo scandalo di Cambridge Analytica del 2018, dove questa società ha rilevato di aver raccolto i dati personali di 87 milioni di account Facebook senza il loro consenso e di averli usati per scopi di propaganda politica. Facebook è quindi passato da essere un semplice luogo di aggregazione ad un’industria di profilazione e catalogazione dati, che oggi giorno rappresenta uno dei mercati in continua espansione ma allo stesso tempo anche molto pericoloso. Gli scandali che hanno colpito le big tech hanno modificato l’opinione pubblica passando da un cieco entusiasmo ad un senso critico maggiore verso le raccolte dati. È cambiata anche l’attenzione da parte dei regolamentatori europei e italiani, che si stanno muovendo verso una direzione comune di protezione dei consumatori, soprattutto per quanto riguarda la raccolta di informazioni da parte delle Big Tech.

Il ruolo degli algoritmi

Silvia Semenzi, ricercatrice, nota come la privacy venga intesa spesso in modo limitativo, gli algoritmi a cui viene destinata la raccolta di dati non si riducono solamente alla canalizzazione delle preferenze per offrire esperienze personalizzate ma piuttosto alla manipolazione del senso comune. I dati raccolti permettono di definire dei gruppi distinti, discriminando formalmente le varie categorie, a cui vengono fatte diverse pressioni ed offerte.

È definibile eticamente corretto fornire ad alcune persone un servizio e limitarlo ad altre?

La privacy viene violata sia perché non siamo consapevoli a chi vengano forniti questi dati ma soprattutto non sappiamo come questi vengono utilizzati e definiti nel sistema algoritmico. I sistemi algoritmici vengono chiamati delle Black Box, come quelle degli aerei, cioè contenitori di dati che si possono leggere ma di cui non ne conosciamo la provenienza e né il funzionamento, questo a causa fondamentalmente dei segreti aziendali a cui sono sottoposti. Il legislatore e i garanti della privacy si trovano spesso in difficoltà, infatti, a reperire le informazioni necessarie per tutelare la comunità.

Le domande che ci possiamo principalmente porre sono cosa succederà quando tutti i dati saranno raccolti?

Cosa faranno le big tech con l’aumento del loro potere?

 A queste domande sarebbe meglio rispondere anticipando il trend ed evitando di arrivare al limite dei nostri diritti.

Martina Colzani

#JEMIBreview

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