Oggi più che mai viviamo in un mondo frenetico, di bruschi cambi di rotta, di poche flebili certezze che ci mettono di fronte a problemi complicati da gestire o da risolvere. Seneca affermava che “le difficoltà rafforzano la mente, così come il lavoro irrobustisce il corpo”, ma in cosa si può racchiudere quella capacità di saper reagire a quello che di inaspettato ci accade? Nella resilienza.
Quante volte ci è capitato di sentire questo termine senza conoscere a pieno il suo significato e le sue molteplici sfaccettature? Resilienza sottolinea l’abilità di un individuo, di un’organizzazione, di “risalire” (dal latino resalio) da una situazione complicata, di resistere e non arrendersi alle avversità, dimostrando maestria nel recuperare e quindi migliorarsi.
C’è chi dice che chi ha successo è resiliente: si riconosce a queste persone questa capacità di andare avanti e credere nei propri sogni e desideri non importa quanto essi siano difficili da raggiungere.
Essere resilienti è uno status mentale che sul posto del lavoro genera energia positiva, permette di creare un evidente clima di collaborazione e di sviluppo, incrementa la fiducia da parte degli altri e apre le porte a possibili scenari realizzabili. Ma questo concetto apparentemente semplice che origini ha?
La resilienza nasce dagli studi della psicologia positiva, in quanto le persone resilienti sono positive, creano e generano bontà per sé e per gli altri, contribuiscono allo sviluppo personale del team nel caso in cui una risorsa sia un leader, e se si è un collaboratore contribuisce a creare un clima di lavoro adeguato per superare le sfide e gli ostacoli e le scelte da prendere nella realizzazione del lavoro.
La persona resiliente prima vede quello che vi è di positivo in una certa situazione, solo successivamente affronta gli ostacoli o gli aspetti negativi e si impegna nel risolverli.
La resilienza in azienda dipende dal coinvolgimento attivo sia delle risorse umane che dell’organizzazione nel promuovere il benessere a tutti i livelli, vari casi che si sono susseguiti nel corso del tempo hanno evidenziato come alcune organizzazioni hanno più successo nel rispondere e sopravvivere a eventi inaspettati, improvvisi e / o estremi, rispetto ad altre in circostanze simili. Un’azienda potrà definirsi resiliente nel momento in cui riesce a reagire positivamente allo stress ambientale, alle situazioni avverse e inattese, e sarà convinta nell’abbracciare lo sviluppo di nuove funzionalità unite ad un’ampliata e rinnovata capacità di “tenere il passo” creando nuove opportunità.
Ma quali sono quelle componenti che aiutano a sviluppare questa skill? Gli studi ne hanno individuate principalmente cinque:
Ottimismo: disposizione a cogliere il lato buono delle cose, promuovendo il benessere individuale, “Chi è ottimista tende a sminuire le difficoltà della vita e a mantenere più lucidità per trovare soluzioni ai problemi” (Seligman, 1996).
Autostima: avere una bassa considerazione di sé ed essere molto autocritici, infatti, conduce a una minore tolleranza delle critiche altrui.
Hardiness: a sua volta scomponibile in tre sotto-componenti, il controllo (la convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante, mobilitando quelle risorse utili per affrontare le situazioni), l’impegno (con la chiara definizione di obiettivi significativi che facilita una visione positiva di ciò che si affronta) e la sfida, che include la visione dei cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita piuttosto che come minaccia alle proprie sicurezze.
Organizational mindfulness: conoscenza approfondita delle proprie capacità per sviluppare i propri punti di forza
Work-life balance: inteso come equilibrio tra vita professionale e privata, dove il rapporto di fiducia nei confronti del proprio team di lavoro e i propri cari si fa essenziale nell’ottica di responsabilizzare ogni individuo nelle proprie scelte, che in azienda si traduce in maggior efficienza e qualità del lavoro.
A fronte della complessità e della instabilità del mondo d’oggi ognuno di noi ha bisogno di essere resiliente ed essere in grado di reagire impegnandosi fino in fondo in quello che fa senza pensare che un obiettivo non sia realizzabile, perché se ci si accorge che la strada presenta eccessivi ostacoli, basta intraprenderne una diversa…ricordando, come un famoso proverbio cinese insegna, che “quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri. Altri, mulini a vento.”
#JEMIBreview
Giulietta Camata