REFERENDUM COSTITUZIONALE: VOTARE SÌ O VOARE NO?

Mancano pochi giorni alla “chiamata alle urne” per i cittadini italiani. La domanda alla quale vogliamo dare qui risposta tuttavia è: per cosa si vota?

Con questo referendum ogni cittadino deciderà se apportare sensibili modifiche alla nostra Costituzione e, per questo motivo,  sarà necessario conoscere il contenuto in esso proposto.

Il referendum in questione è libero dal vincolo di un quorum partecipativo, con la conseguenza che il risultato, affermativo o negativo, sarà valido indipendentemente dai numeri di affluenza al voto.

Per quanto riguarda il contenuto della Riforma costituzionale proposta dal Ministro Maria Elena Boschi, appoggiata dal Governo Renzi, analizziamo insieme in modo dettagliato quali saranno le modifiche:

Come cambierà il Senato: 

  • Riduzione del numero dei senatori (più senatori a vita) da 315 a 100;
  • nuove competenze legate principalmente a funzioni di rappresentanza di enti locali e di legislazione in materia;
    suddivisione dei 100 senatori in 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, e 5 senatori di nomina del Presidente della Repubblica;
  • nomina per i prossimi senatori assegnata ai consiglieri regionali;
  • abolizione del mandato a vita previsto attualmente per i 5 senatori di nomina presidenziale. Il mandato a vita resterà solamente per gli ex Presidenti della Repubblica; gli altri cesseranno il loro mandato insieme al termine del mandato del Presidente della Repubblica.

Abolizione delle Province: 

  • Abolizione definitiva delle Province;
  • Regioni, Comuni, e Città metropolitane resterebbero gli unici enti territoriali italiani.

Fine del bicameralismo perfetto: 

  • Abolizione del vigente bicameralismo paritario o perfetto, principio secondo il quale Camera dei deputati e Senato dispongono degli stessi compiti e degli stessi poteri;
  • forte ridimensionamento del ruolo del Senato con conseguente perdita dei rispettivi poteri;
  • votazione delle leggi solamente da parte della Camera dei deputati con successiva creazione di un rapporto fiduciario unico tra quest’ultima ed il Governo;
  • richiesta di possibili modifiche da parte del Senato nei trenta giorni successivi all’approvazione della legge alla Camera;
  • leggi che regolano i rapporti dello Stato con l’Unione europea e gli enti territoriali, leggi di revisione costituzionale, leggi costituzionali ed infine referendum popolari sarebbero dunque le uniche materie in cui il Senato sarebbe chiamato a votare;
  • potere del Presidente della Repubblica di sciogliere la Camera dei deputati;
  • seconda carica dello Stato attribuita al presidente della Camera e non più al presidente del Senato.

Come mutano i referendum: 

  • Introduzione di due nuovi tipi di referendum popolare, quello propositivo e quello di indirizzo. La soglia per il raggiungimento del quorum in un referendum popolare potrà scendere alla metà più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche, anziché la metà più uno degli aventi diritto al voto qualora venissero sottoscritti da 800 mila firmatari anziché da 500 mila. (Attualmente nel testo vigente della nostra Carta costituzionale, i referendum di iniziativa popolare necessitano della raccolta di 500 mila firme per ciascun quesito e possono essere esclusivamente referendum di tipo abrogativo. Essi inoltre richiedono il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritti al voto).

Abolizione del Cnel: 

  • Abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, istituito nel 1957 come organismo composto da personalità del mondo del lavoro nominate dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio. (Organo di rilievo costituzionale dotato del potere di proporre leggi al Parlamento e dare pareri al governo su iniziative legislative).

Elezione del Presidente della Repubblica: 

  • L’elezione del Presidente della Repubblica vedrebbe un regolamento differente da quello oggi vigente: attualmente infatti il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune e da 58 rappresentanti dei consigli regionali e nei primi tre scrutini è richiesta una maggioranza dei 2/3 dell’assemblea, mentre dalla quarta è richiesta una maggioranza assoluta;
  • con la Riforma costituzionale a votare sarebbero solamente i componenti di Camera e Senato, mentre la maggioranza richiesta sarebbe nei primi tre scrutini sempre dei 2/3 dell’assemblea, dal quarto dei 3/5 e dal settimo dei 3/5 dei soli votanti e non più dei componenti di tutta l’assemblea.

Riforma del Titolo V:

  • Eliminazione della competenza concorrente tra Stato e Regioni;
  • trasferimento allo Stato di alcune materie che fino ad ora rientravano nella competenza concorrente, attualmente prevista dall’art. 117 Cost. il quale ripartisce le competenze legislative in esclusive dello Stato ed in esclusive delle Regioni, oltre a quelle concorrenti tra Stato e Regioni.

Lo scontro tra il Sì e il No coinvolge tutti gli schieramenti politici ed ideologici: il referendum è visto da qualcuno come un salto di qualità per il sistema politico italiano e per il suo lacunoso processo legislativo, che ha visto susseguirsi 63 governi negli ultimi 70 anni. C’è chi si ritiene stanco di un Paese che sappia dire solo di no, stanco di un Paese conservatore o di chi ritiene che il voto negativo nella maggioranza dei casi non sia diretto ad affondare una riforma costituzionale bensì prenda di mira lo stesso Premier, Matteo Renzi. Altri proseguono con l’idea che il bicameralismo perfetto non sia stato poi così “perfetto”. Strumento concepito nel dopoguerra, con alle spalle una dittatura, conseguenza di un sistema che si cautelava dalla concentrazione dei poteri utilizzando il meccanismo dei contrappesi. E concludendo con alcuni pareri a favore del Sì c’è chi ritiene che la Costituzione non sia paragonabile alla Bibbia: proprio per questo motivo i padri costituenti avevano previsto si potesse modificare con le opportune garanzie (fra cui il referendum in questione) e le considerazioni di chi dice che “la Costituzione non si tocca” come frutto di un populismo fuori luogo. La stessa riforma del Titolo V ad esempio porterebbe infatti, secondo i favorevoli, ad una chiarezza maggiore delle competenze tra Stato e Regioni che sempre hanno generato confusioni ed incomprensioni tra i rispettivi organi.

Tuttavia non mancano le riflessioni poste a favore di chi invece si trova in disaccordo con la riforma costituzionale. Il referendum secondo questi ultimi andrebbe a toccare punti chiave della Costituzione non comportando i benefici che i sostenitori del Sì ritengono di realizzare. Senza dubbio alcune delle ragioni anti-riforma spiegano come il referendum non semplificherebbe il processo di produzione delle leggi, bensì lo andrebbe a complicare: le norme che regolano il nuovo Senato infatti produrrebbero all’incirca 7 procedimenti legislativi differenti. Per il Comitato del No quindi i costi della politica non vengono dimezzati. Anzi, con la riforma si risparmierebbe solamente il 20%. Inoltre si sostiene che l’ampliamento della partecipazione diretta dei cittadini comporterà l’obbligo del raggiungimento di 150 mila firme (attualmente ne servono 50 mila) per i disegni di legge di iniziativa popolare. Oltre a queste, secondo alcune delle ragioni a favore del No, il combinato disposto riforma costituzionale-Italicum accentrerebbe anche il potere nelle mani del Governo, di un solo partito e di un solo leader. Infine per i sostenitori del No l’attuale parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale (legge Calderoli) non sarebbe legittimato a portare a termine una riforma così profonda del sistema istituzionale.

Dunque,  al quesito «Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016», per che cosa opterà la nostra Repubblica?

#JEMIBreview

Veronica Clapis

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