Perché non tutto è concesso sui social media.
In un mondo interconnesso come quello in cui viviamo oggi (e non a caso la traccia più scelta per il tema dell’esame di maturità 2022 tocca questo aspetto), l’utilizzatore medio dei social talvolta percepisce la propria presenza su questi come un’esperienza che si distacca dalla realtà vissuta, con tutti i rischi che questa visione distorta della quotidianità può portare.
Per rendere più chiari alcuni passaggi che seguiranno devo fare una breve premessa legale: quando parlerò di “dati personali” farò riferimento a quelle informazioni utili a identificare oggettivamente una persona (es. nome, cognome); con “dati sensibili” invece a quelle informazioni che riguardano la sfera più personale di ciascuno di noi (es. orientamento sessuale, convinzioni religiose, orientamento politico).

Ecco, ora immagina di aver postato sui social una foto che ti ritrae presente al convegno di un dato partito politico che sostieni, magari hai anche aggiunto una didascalia dove hai taggato la pagina social del partito rendendo così chiaro il tuo orientamento politico. Il giorno dopo, controllando la zona dedicata alla messaggistica del social, ti ritrovi un messaggio da parte del social media manager del tale partito che dopo averti ringraziato per il supporto espresso, ti invia un link allo shop del partito invitandoti a comprare alcuni gadget per sostenere la campagna elettorale.

Magari sei un po’ indispettito e ti chiedi “Questo comportamento è lecito?” Sì! Difatti tieni bene a mente, che per quanto alcune tipologie di dati siano sensibili, un comportamento concludente come il pubblicare una foto sui social dove condividi quei dati può essere sufficiente affinché questi possano ad esempio essere utilizzati per finalità di marketing.
Ancora, immagina il caso di postare una foto che ti ritrae all’interno di un edificio religioso, e dopodiché ricevere un messaggio dove un volontario del tale culto, che caso vuole si occupi anche della gestione del profilo social del luogo religioso, ti scriva per proporti di finanziare alcune opere utili al suddetto edificio religioso, invitandoti ad acquistare alcuni gadget o libri presenti nel loro e-commerce provvedendo a inoltrarti il link. Anche qui, il comportamento è lecito, per gli stessi motivi citati poc’anzi.
Non ci sono dubbi circa la presenza di un illecito qualora invece ti presenti a un colloquio di lavoro e il recruiter ti comunichi che, dopo aver visto i tuoi profili social, l’azienda non è intenzionata ad assumere persone con quel particolare orientamento religioso e politico.
Il primo consiglio è fare attenzione al contenuto che si sta postando, e in caso tu non sia ancora convinto riguardo il fatto che tutti potranno avere conoscenza del dato sensibile che stai per condividere, non postare la foto. O ancora, rendi privato il tuo profilo! Così, solo le persone che desideri avranno accesso.
Altro caso, immagina di trovarti a una festa assieme a una tua amica, decidi allora di immortalare il momento con una fotografia fatta all’improvviso, magari con il flash, e immaginiamo che la fotografia prodotta non renda proprio giustizia alla connotazione estetica dell’interessata. Allora immediatamente vieni esortato da quest’ultima a non pubblicare su nessun social network la foto incriminata. Ma tu, non dando troppo peso alle richieste ricevute decidi di pubblicarla proprio davanti ai suoi occhi (ritenendoti immagino anche molto simpatico e un buon amico).
L’indomani, la ragazza, studentessa di giurisprudenza in Bicocca, decide di andare a querelarti.
Può farlo? Sì! Il comportamento in questo caso connota una cd. violazione della riservatezza dei dati personali. Ossia, la ragazza non aveva concesso il diritto al trattamento della sua immagine sui tuoi canali social.
Immagina ancora questo caso: la foto viene postata, e un malintenzionato, nonché vostra conoscenza in comune, che quindi conosce la ragazza ritratta nella foto e nello specifico anche dove abita, grazie all’informazione che gli hai fornito inconsciamente (ossia “la ragazza si trova alla festa ora”) decide di recarsi al domicilio di lei, e dopo aver scassinato la porta di casa procede a svaligiare con tutta calma e precisione l’appartamento. Magari è un malintenzionato simpatico e lascia un bigliettino in cui dice, riferendosi a te:
“Grazie al tuo amico e alla foto che ha postato, sapevo che non eri a casa ahah!”

In questo caso, puoi essere in qualche modo chiamato a rispondere del fatto? Sì! Il danno causato dalla violazione dei dati personali è aggravato anche dall’atto criminoso conseguente a questa, e quindi il giudice potrebbe irrogarti una pena consona alla responsabilità verosimilmente colposa (ossia “non era tua intenzione che succedesse, ma comunque è successo”) che ritiene ti sia attribuita.
Il secondo consiglio è chiedere sempre il consenso per pubblicare la foto alle persone che vi compaiono, e se queste rifiutano, non pubblicarla o al massimo tagliale dalla foto!
Infine, immagina di provare rancore verso un particolare prof., un giorno questo decide di postare sulla sua pagina un post dove dice:
“Io amo il mio lavoro e i miei studenti!”
e tu, preso dall’ira scaturita dall’essere appena stato bocciato al suo esame controbatti con un post sulla tua pagina, dove scrivi:
“Il mio prof oggi ha scritto di amare il suo lavoro e i suoi studenti… ma il suo lavoro non lo sa fare, anzi dovrebbe cambiare mestiere, e comunque è fatto noto che al suo esame faccia passare solo chi gli sta simpatico!”.

Ecco, a questo punto hai appena commesso un reato: la diffamazione. E non solo, perché la giurisprudenza più recente, ritiene che il mezzo dei social network sia anche un’aggravante (quindi la pena aumenta); questo è dovuto al fatto che il tuo post può essere letto da un numero non determinato di utenti.
Che cosa rischi in questo caso? La risposta ce la dà il Codice penale, all’articolo 595, comma 3 “reclusione da 6 mesi a 3 anni o multa non inferiore a 516 euro”.
Il terzo consiglio, quindi, è contare fino a 100 prima di scrivere o parlare male di qualcun altro sui social, e una volta calmo e rinsavito (arrivando a 100) desistere dal compiere il suddetto reato.
Ovviamente questi sono solo alcuni degli esempi che possono emergere dall’ambito del diritto per venire applicati ai social network, e chiaramente la mia esposizione si limita a lambire gli aspetti legali che li riguardano.
L’aspetto fondamentale da comprendere è che dall’impatto che i social media hanno avuto, entrando a tutti gli effetti a far parte della nostra quotidianità, ne deve conseguire un utilizzo che rispetti le norme previste dal nostro ordinamento per tutte le fattispecie tipiche della realtà.
#JEMIBreview
Christian Colaianni